Tra Serie A, AIA, FIGC è ormai partita a scacchi per decidere il futuro del calcio italiano: dopo il tentativo di scacco da parte della Lega di Serie A e della minoranza riformatrice dell’AIA, la FIGC prova l’arrocco, usando come torre la LND presieduta da Giancarlo Abete, sconvocando il Consiglio Federale previsto l’11 Marzo nel quale era prevista la modifica dello Statuto Federale. La prossima mossa si aspetta il 20 Febbraio p.v., data alla quale Gravina “ha aggiornato i lavori per poter proseguire il percorso riformatore, in vista della definizione del documento finale”, si legge in un comunicato della FIGC. Sconfitta FIGC o sottile strategia di scompattamento dei fronti aperti?
I nodi dello scontro.
Serie A vs FIGC: il Diritto d’Intesa è Una Questioni Chiave
Il “diritto d’intesa”, che Gravina vorrebbe cancellare, è un punto focale in questo dibattito. Questo principio permette ai club di esercitare un veto su decisioni regolamentari che li riguardano direttamente, garantendo un equilibrio democratico all’interno della Serie A e delle componenti e assicurando che le decisioni importanti siano prese col consenso delle leghe coinvolte. Uno dei punti salienti della riforma maggiormente contestato da Casini.
La Decisione della Serie A sul Format a 20 Squadre
La recente decisione della Serie A di mantenere il format del campionato a 20 squadre è stata una mossa calcolata in un gioco complesso e stratificato. È evidente che all’interno della Lega vi sono differenti correnti di pensiero e strategie, con i club più grandi (dopo la “fuitina” segreta di Inter, Milan e Juve da Gravina) che, via via che le manifestazioni internazionali (Mondiale per Club, Superlega, ecc) prenderanno corpo dovranno ridefinire le priorità sulla base dei diversi introiti.
La decisione ha anche riflessi significativi sul panorama calcistico complessivo. Da un lato, un maggior numero di squadre garantisce una competizione più aperta e inclusiva, con più opportunità per i talenti emergenti di mettersi in mostra. Dall’altro, porta con sé sfide logistiche e finanziarie, come la necessità di gestire un calendario fitto di partite e le implicazioni economiche per i club più piccoli (più partite, più incassi da stadio e diritti tv).
Le Dichiarazioni dei Dirigenti
Urbano Cairo, presidente del Torino, ha espresso la sua opinione in modo chiaro: “Quell’incontro in Figc delle tre squadre non è stato molto ben visto perché la Lega è giusto che abbia una sua compattezza. Volevano fare la “Supeleghina”. È giusto che la Serie A abbia una sua autonomia e che conservi il diritto d’intesa.”
Adriano Galliani ha enfatizzato l’importanza di un cambiamento consensuale: “Le quattro proprietà dei club che hanno chiesto la riduzione delle squadre del campionato sono tutte straniere. Certe scelte non si possono imporre.”
Alberto Zangrillo, presidente del Genoa, ha sottolineato l’importanza del mantenimento del diritto d’intesa: “Mantenere il diritto d’intesa e la A a 20 era fondamentale. A riguardo c’è stata unanimità di consenso, tranne qualche… distinguo.”
L’Autonomia della Serie A e la Battaglia Interna dell’AIA
Il tema dell’autonomia si estende ben oltre i confini dei club di Serie A, toccando anche il mondo dell’arbitraggio. Un’intensa discussione sta avvenendo all’interno dell’AIA (Associazione Italiana Arbitri), con una corrente (cosidetta “riformatrice”) che chiede maggiore autonomia e innovazione. Questa battaglia interna all’AIA rispecchia le tendenze più ampie nel calcio italiano, dove diversi stakeholder stanno cercando maggiore indipendenza e flessibilità nelle loro operazioni.
Il desiderio di autonomia degli arbitri si lega alla necessità di un maggior controllo sulle proprie decisioni e una gestione più indipendente della loro carriera e formazione. Questo movimento va visto nel contesto di una sportività sempre più orientata alla performance e alla tecnologia, dove decisioni rapide e accurate diventano cruciali. Un arbitraggio più autonomo e professionalizzato potrebbe portare a una maggiore coerenza nelle decisioni e a una riduzione delle controversie in campo. Questa transizione potrebbe anche essere un passo verso un rinnovamento più ampio, che vede il calcio italiano adeguarsi a standard internazionali sempre più elevati.