Da zero a cento in meno di una stagione sportiva: l’Associazione Italiana Arbitri è passata dall’essere solamente oggetto dei programmi di approfondimento sportivi ad essere la vera e propria protagonista di ben due trasmissioni sulla paytv DAZN: Open Var e, novità degli ultimi giorni, Open Var Masterclass. Un bel passo avanti da parte delle giacchette nere che si stanno aprendo mediaticamente agli appassionati di calcio. Questa partecipazione o, per meglio dire, il mancato introito derivante dall’adesione, sta, però, sollevando numerosi dubbi e perplessità all’interno dell’Associazione, la cui base sta avendo sempre più difficoltà.
Come oramai tutti i tifosi sapranno, Open Var è stata la novità dell’anno: all’interno di un programma della durata di una ventina di minuti, vengono analizzati gli interventi (o mancati tali) del Var durante le partite della giornata di campionato di Serie A presa in esame dal programma e, insieme ad un esponente dell’Associazione, viene spiegato come la squadra arbitrale abbia interpretato (correttamente o meno) l’episodio avvenuto.
Questa apertura è ovviamente un ottimo servizio sia per i tifosi che per gli arbitri stessi e consente uno spaccato su una realtà molto spesso sconosciuta se non per gli addetti ai lavori. All’interno dell’Associazione, però, sono sorte alcune perplessità. DAZN, infatti, come tutti sappiamo, è un servizio in streaming a pagamento di eventi sportivi. Per poter visionare, quindi, i programmi trasmessi al suo interno, gli utenti devono poter pagare un canone mensile o annuale. La stessa DAZN, inoltre, ha proventi ingenti derivanti dai tanti spot pubblicitari presenti all’interno delle trasmissioni. I due programmi in questione, per di più, vengono sponsorizzati addirittura da Enel. La domanda che, quindi, molti arbitri si pongono spontaneamente è: “L’Associazione riceve un contributo per la sua partecipazione?”. La risposta a quanto pare è: “Assolutamente no”.
In questo caso l’AIA non ottiene neanche un centesimo per la sua partecipazione a questo programma e sono in molti associati a storcere il naso. Vi sono decine di sezioni che hanno molte difficoltà ad affrontare le spese quotidiane per poter mantenere aperte le proprie sedi. La maggior parte non riesce a fornire almeno una divisa per far cominciare ad arbitrare i nuovi associati. Non vi è la possibilità in molti casi di fare una vita associativa come si deve, investendo, per esempio, per il reclutamento. Senza considerare i tanti, troppi rimborsi rimasti inevasi, con tanti arbitri che devono ricevere centinaia o migliaia di euro di rimborsi.
La base, quindi, annaspa e riesce a sopravvivere solamente grazie ai salti mortali fatti dai presidenti e dai consigli sezionali. I vertici molto vicini alla Federazione Italiana Giuoco Calcio e soprattutto del suo presidente Gravina, invece, pur di non contraddire la FIGC, preferiscono fare programmi televisivi senza richiedere alcun compenso per l’AIA. Si rinuncia a migliaia di euro che potrebbero essere distribuiti alle sezioni o agli associati. Tutto questo ha fatto e sta facendo infuriare i riformisti del Comitato nazionale che, ancora una volta, sono sul piede di guerra. Com’è possibile questa incresciosa situazione? Com’è possibile essere così sordi alle richieste della base?
Ancora una volta viene sottolineata la necessità di un’Associazione autonoma, almeno finanziariamente, che possa trovare, oltre ai contributi del Coni e di Sport e Salute, sponsorizzazioni e più in generale fondi da poter ridistribuire alle sezioni e agli associati. Le prossime elezioni potrebbero cambiare il quadro?